Episode 39
Perché non nascondere nulla di come lavori in vigna e in cantina – con Armin Kobler
Armin Kobler è un enologo, viticoltore e produttore altoatesino che piazza webcam nella sua vigna, condivide video e tiene un blog in due lingue mostrando quello che fa.
Spesso mi sono arrabbiato della diffusa falsità della comunicazione del vino. Anche sulle riviste rinomate si vedono vedute molto parziali del nostro lavoro e alcune vengono negate perché “non vanno bene nella comunicazione” o “non sono romantiche”. Certe cantine per esempio non dicono che usano i lieviti selezionati. Io da enologo ricercatore non solo non nego questa cosa ma la faccio espressamente vedere: faccio vedere quello che faccio, anche i trattamenti. La rete ti dà la possibilità di essere autentico. E’ un’operazione di trasparenza, per me è importante.
Note alla puntata:
05:00 i ivini, i vitigni internazionali ma tradizionali
10:00 mostrare il lavoro in vigna
12:50 operazione trasparenza
13:25 due articoli al mese sul blog
16:50 la differenza tra il web e i canali tradizionali
18:30 3 su 4 mi trovano prima su internet
19:30 la sfida della comunicazione e il calo dei consumi
20:50 il mercato dei turisti per i vini
22:00 la relazione con le persone, la traduzione dei commenti
Puoi ascoltare l’intervista audio, cliccando in alto in questo articolo. Qui sotto c’è la completa trascrizione.
Stefano: Benvenuto, Armin.
Armin: Buongiorno anche a te!
Stefano: Buongiorno. Dunque, siamo in Alto Adige, nella Bassa Atesina, ma addossati alla montagna, a Magré – correggimi se sbaglio – Armin è viticoltore, con Monika, ha una piccola azienda… dicci da quando sei nel vino.
Armin: Sono nel vino a partire dall’anno 1992, quando dopo la laurea ho cominciato un tirocinio in una cantina qui vicino, però a fare il vino siamo dal 2006, ecco, che facciamo noi stessi il vino…
Stefano: Tu prima ti occupavi…?
Armin: In famiglia abbiamo sempre prodotto dell’uva, ed eravamo conferitori al 100% di una cantina sociale, e prima di fare il mio vino, ho fatto per 18 anni il ricercatore enologico.
Stefano: Armin, ci hai detto che prima conferivate le uve, dal 2006 vinificate: quali sono stati i passaggi più belli e più difficili di questo cambiamento?
Armin: Diciamo che ci sono stati moltissimi – e ci sono tutt’ora – dei bellissimi momenti facendo noi stessi il vino, soprattutto perché è un’attività a 360°, vivi al cento per cento la viticoltura, investi tantissimo tempo, anche mezzi finanziari, in un progetto. Vedi come crescono le cose, poi le trasformi, il vino continua a sorprenderti, cioè, ogni anno viene diverso anche se pensi o speri di averlo capito finalmente, poi alla fine fa lo stesso quello che vuole lui, e poi anche la commercializzazione, la presentazione e la comunicazione sono cose molto interessanti, e devo dire che ho incontrato tantissime persone che amano fare il vino, non le avrei mai conosciute queste persone, per cui per me è stato veramente un momento di crescita molto importante, però devo anche dire che, ovviamente, c’erano e ci sono anche tante preoccupazioni insomma: non è scontato che ogni anno venga bene il vino, e sia i vini anche in cantina e poi anche la vendita, non è che va in automatico, tutt’altro. Per cui, diciamo che è un periodo molto movimentato, appunto.
Stefano: Ok. Ecco, quindi ci dicevi, hai cominciato a produrre vino, quindi i vostri vini sono Chardonnay, Merlot, Gewürztraminer, giusto?
Armin: Sì.
Stefano: Che altro?
Armin: Beh, Chardonnay, Pinot Grigio, Gewürztraminer tra i bianchi, e poi dei rossi abbiamo il Merlot, di cui facciamo una versione rosata e una tipo di riserva. Poi abbiamo anche un Cabernet franc.
Stefano: Quindi un bel tuffo nell’Alto Adige, insomma.
Armin: Sì. Anche se qualcuno, devo dire, sentendo questi nomi penserà: “Ah, fa solo internazionali”, ma devo dire che le varietà autoctone, o quelle che si pensano che siano autoctone, come la Schiava o il Lagrein, nel mio paese non hanno mai avuto grande diffusione, e i cosiddetti internazionali ce li teniamo qui almeno da 150 anni: non in azienda, ma nel paese.
Stefano: Quindi sono tradizionali gli internazionali.
Armin: Tradizionali, quello direi di sì.
Stefano: Ok. Ecco, tra le cose che dicevi, di come è cambiata la tua, la vostra vita da quando producete il vino, c’è anche questa necessità di commercializzare e quindi di comunicare i vini e di farsi conoscere. È per questo che hai anche pensato al web?
Armin: Sì, certo. Poi, tutti i social media hanno dato la possibilità, semplice, di piccolo vignaiolo insignificante, di parlare al mondo se trova qualcuno che lo vuole ascoltare. Però c’è la possibilità, prima dipendevi da comunicatori esterni come giornalisti e così via, adesso, ovviamente, questo aspetto viene completato dal proprio lavoro che puoi fare in rete: diciamo che la comunicazione si è molto democratizzata attraverso internet, e ho pensatodi approfittarne, appunto, di questo cambiamento, ecco.
Stefano: Ma avevi già una passione pregressa per una dimestichezza, almeno, con il web, con la tecnologia…?
Armin: Con il web no, ma con il computer sì. Dal ’92, appena ritornato a casa dagli studi, ho acquistato, con i primi guadagni, un Macintosh LC – quella scatola di pizza, com’era soprannominata anche – che mi è sempre piaciuto, e poi mi sono sempre interessato, nel mio lavoro di ricerca della statistica analitica, per cui lì il computer era necessario e allora una certa dimestichezza ce l’avevo. E poi, quando ho cominciato ad occuparmi di web, non era difficile compiere anche quel passo, tant’è che il sito, anche se adesso sarebbe da rifare, me lo sono fatto in casa, da me.
Stefano: Armin, io mi sono imbattuto in te grazie a Giuliano, che è un ascoltatore molto fedele: è carino che mi segnala sempre cose interessanti. Lui mi ha mandato un link di un tuo video che avevi caricato su Vimeo – si chiama Vitis live – e insomma, c’è un timelapse della vigna dove ci sono queste immagini montate in rapida sequenza, che fanno vedere praticamente un anno di vigna, in cui assistiamo proprio alla nascita dell’uva, alla maturazione, poi alla fine, dopo la vendemmia, c’è l’autunno, l’inverno, la vite che si spoglia. È un vero e proprio racconto, fatto attraverso queste webcam che tu hai piazzato sulle pergole, se ho capito bene, sui tuoi vitigni, no?
Armin: Sì, esattamente.
Stefano: Ecco, perché hai messo le webcam? Cosa volevi fare?
Armin: A me hanno sempre affascinato questi video accelerati, appunto, questi timelapse, e in rete se ne trovano tantissimi. Qualcuno mi dice che io sono innovativo: non credo che lo sia veramente, io sto copiando tantissimo, adeguando un po’ alle mie situazioni, quindi io non ho inventato niente di nuovo. Se si guarda in internet, questi filmini si trovano: spesso dei fiori che sbocciano, diciamo la natura. Poi ho pensato: “Perché non far vedere un po’ come si sviluppano le viti durante il corso dell’anno?”. Ci ho messo due anni, il primo ci ho provato e il secondo è venuto fuori un po’ meglio. Si può dire che ci vuole un po’ di tempo per fare queste cose, non sono robe giornaliere, e allora ho cominciato acquistando una webcam per uso esterno ma a bassissimo costo, tant’è che bisogna dire che le immagini non sono di altissima risoluzione, di altissima qualità, però rendono lo stesso l’idea. E l’ho montata nel vigneto. Adesso che il progetto è finito, bisogna dire che dovevo scendere ogni due giorni a scaricare le immagini, a ricaricare le pile, insomma, per un anno intero era un po’ un’occupazione, ecco. Era un po’ un impegno, però alla fine sono molto contento, e devo dire che c’era anche abbastanza riscontro da parte del pubblico.
Stefano: Certo. Tra l’altro, appunto, era un racconto molto particolare, in cui in un minuto e mezzo si rende qualcosa che sarebbe impossibile rendere con qualsiasi altro mezzo, e anche con un’emozione, direi… mi sembra che sotto c’è un jazz, no? C’è Five, no? Uno standard.
Armin: Sì! Ho cercato di mettere sotto anche un po’ di musica.
Stefano: Quindi sei riuscito a comunicare questa dimensione… anche poetica della natura.
Armin: Non era una cosa del tutto nuova. L’ho copiata, io, ecco.
Stefano: Senti, però c’è un’altra dimensione molto interessante, mi sembra, di quello che stai facendo sul web: non soltanto tu fai vedere la vigna, la natura in qualche modo, ma tu fai vedere proprio il lavoro che fai tu, no? E quindi il tuo blog, i tuoi canali video… adesso parlavamo dei video, ma ci sono anche molti iscritti, fai vedere il lavoro nella vigna, mentre sistemi un tralcio, oppure mentre passi col trattore sotto la pergola… e allora quindi Armin, io direi: intanto aiutami a pronunciare meglio il nome del tuo sito, così non ci sbagliamo. E poi dimmi, perché mostri questo lavoro? Perché hai deciso di mostrare proprio il lavoro che fai tu?
Armin: Perché da uno che lavora da quasi sempre in vigna e in cantina, spesso mi sono arrabbiato un po’ della diffusa falsità della comunicazione del vino: sfogliando un po’ le riviste rinomate, si vedevano sempre e solo delle vedute molto, molto parziali del nostro lavoro, e certe cose vengono anche negate perché non vanno bene nella comunicazione, non stanno bene, non sono romantiche, e così via. Insomma, infrangono un po’ quella che è l’immagine anche elitaria del vino, e questa cosa non mi è mai piaciuta. E la rete ti dà la possibilità di una certa autenticità, si dice, anche se non maggiormente richiesta, e io ho detto che so che certe cantine nella comunicazione evitano di dire che utilizzano i famigerati lieviti selezionati, perché ormai non vanno più bene per l’immagine del vino, sembrano cose artificiose, e così via. Io, da ricercatore che ero prima, non posso condividere questa cosa che sia veramente il diavolo: io li utilizzo anche, e anche per provocazione, faccio vedere come li utilizzo. Ma non è che non lo nego soltanto, ma anzi, faccio vedere come si utilizzano, in modo tale da togliere forse anche un po’ di paura. Per cui ci sono anche dentro riprese dove faccio trattamenti, altre che dicono “Sì, i trattamenti li facciamo ma solo se sono stati domandati, se qualcuno ha fatto la domanda”, ecco, e penso di cercare di trasmettere un’immagine un attimo più completa degli altri.
Stefano: È un’operazione anche di trasparenza?
Armin: Per me la trasparenza sulla produzione del vino è importante. Io lavoro in modo abbastanza semplice, sia in cantina che in vigneto. Però, quel poco che faccio, lo faccio anche vedere, senza problemi.
Stefano: Senti, tu scrivi anche molto sul tuo blog… tra l’altro in due lingue, ovviamente, tedesco e italiano…
Armin: Sì. Io cerco di fare due post ogni mese, ecco, questa è la media che io voglio fare, sì.
Stefano: Due post ogni mese, il video, con tutto quello che richiede prima, e magari i montaggi: come gestisci questa cosa, insomma? Dove trovi il tempo per fare questa cosa qui?
Armin: Sì. Beh, un po’ di tempo ci vuole sicuramente. Siamo mia moglie, io, e poi abbiamo due persone stagionali – certe volte due e mezzo – che ci aiutano da inizio maggio fino a metà-fine ottobre, insomma, fin quando si conclude la vendemmia, ecco. Sono 5 ettari che coltiviamo, e vinifichiamo 2 e mezzo, per cui diciamo che questo numero di persone nella nostra realtà aziendale ci vuole, ecco.
Stefano: E quindi questo diventa un vero e proprio lavoro. Quindi c’è della passione ma c’è anche, immagino, dell’economia: nel senso, fai questo soltanto per passione, no?
Armin: No, no. C’è l’impegno, prima di tutto per guadagnarsi anche la pagnotta, però poi, appunto, come ho detto, è un lavoro che mi piace perché ogni giorno faccio un’altra cosa – come quest’intervista per esempio – e diciamo che il lavoro di comunicazione lo si fa soprattutto di sera o se no quando, come adesso in queste giornate, piove e non puoi uscire in vigneto, e allora fai burocrazia, fai ufficio, fai anche un servizio in più. Sul blog pubblico le cose che io vorrei che rimangano anche nel tempo, che mi sono particolarmente preziose: perché il blog rimane mio mentre, se domani Zuckerberg decide di spegnere Facebook, allora tutto il resto se n’è andato.
Stefano: Ah! Queste parole sono cose rare! Perché in effetti su questo, qualche volta mi sono anche trovato a ragionare… in effetti, molto spesso, vedo anche operazioni di comunicazione non soltanto nel mondo del vino, affidate molto ai social network: i social network sono una cosa straordinaria ma sono un punto di relazione, che sono affidati alle mani di altri, quindi è cosa buona costruirsi una propria identità in un canale proprietario, ecco.
Armin: E poi su Facebook invece pubblico cose che mi vengono in mente durante la giornata: brevi, così, di un intervallo di circa 5-10 minuti… insomma, non impiega tanto tempo.
Stefano: Quindi hai il telefono con te, in vigna, e lo fai da lì?
Armin: Sì, sì, ho l’iPhone, ma insomma, anche dal telefono. C’è chi telefona ancora, con l’iPhone! Ce l’ho sempre con me e faccio le immagini, e poi ogni tanto bisogna dire che facciamo in campagna anche lavori, sai, che non sono molto impegnativi dal punto di vista intellettuale, e in quegli attimi lì penso sopra a quale frase potrei mettere, ci faccio subito anche la traduzione, perché come si sente facilmente dall’accento crautiano, sono di madrelingua tedesca, per cui ragiono anche in tedesco e poi cerco di tradurre nella lingua. Ecco, alla fine quello che viene fuori, viene fuori.
Stefano: Ecco, però ci dicevi che tutto questo tempo che investi è però un tempo che poi in qualche modo ti viene ripagato: tu ti sei accorto che avere questo tipo di presenza sul web ti ha dato dei risultati, ti ha aiutato?
Armin: Sì, però devo dire, devo un po’ sfatare il mito, che lavorando molto online e così via, diciamo che ti salva l’azienda o che sia tanto importante: devo dire che l’affinità con quello che faccio in rete differisce molto di utenza in utenza. Vuol dire che io ho notato negli anni che più è importante il cliente che ho – voglio dire, un importatore, un grossista di vino, cioè quelli che mi fanno veramente i numeri – meno è l’affinità col web. Mentre col web riesco a contattare soprattutto i clienti privati, importantissimo anche quello, non voglio sminuirlo, però voglio dire che ci vogliono tanti clienti privati che vengono in azienda da me di cui sono anche contento se vengono, ma i numeri di equivalere un importatore nuovo, per esempio. E diciamo, più grande è la realtà, meno è l’affinità col web. Per cui, dal punto di vista dei privati ma anche dei ristoratori giovani, con la comunicazione su internet riesci a fare cose importanti anche dal punto di vista poi commerciale. Invece, con altri clienti è quasi inutile fare qualcosa con internet.
Stefano: E quindi è uno degli strumenti che usi, ma non l’unico ovviamente.
Armin: No, no. Perché rimangono sempre attuali le presentazioni classiche: la gente, giustamente, vuole anche conoscere di persona il produttore…
Stefano: Quindi le fiere e quant’altro.
Armin: Sì, le fiere, le presentazioni, e tutto ciò va a completare, e devo dire però che per esempio, al Vinitaly, ormai tre quarti delle persone che si avvicinano allo stand, la prima volta dicono: “Ti ho conosciuto in internet”. E questo fa piacere.
Stefano: Questo, insomma, conferma quello che ci dicono diversi studi, che insomma spesso il primo contatto avviene online, e quindi è comunque interessante nel processo di acquisto, perché nel processo di acquisto, che è una persona rispetto a qualsiasi prodotto di conoscenza, perché appunto il modo con cui si ingaggia quella persona può fare la differenza rispetto alla sua voglia di venire a conoscerti oppure no, quindi spesso diventa un primo biglietto da visita. Senti, Armin, ti direi, visto che hai questa visione che mi sembra molto interessante e particolare, della comunicazione del vino… ci hai detto che ti arrabbi anche così come fanno tanti produttori rispetto ad alcune cose sulla disinformazione, che non rispecchiano bene il lavoro dei produttori: qual è la tua sfida nella comunicazione del vino?
Armin: Allora, io penso che in futuro sarà sempre più importante che noi non ci limitiamo a comunicare il vino nel senso che “venite a casa mia, bevete il mio vino, perché il mio vino è buono, perché il mio vino è sostenibile”, ma forse dovremmo cercare di rendere ancora più interessante il consumo generale del vino presso la gente, perché quello che mi fa veramente paura è il calo del consumo di vino. Vuol dire che ci sarà, tra poco, una lotta tra i poveri, perché se i consumi continueranno a diminuire, la torta da spartire sarà sempre più piccola, per cui penso che più che comunicare la propria azienda e le proprie linee, sarà interessante e sarà nostro dovere cercare di limitare il calo dei consumi del vino, cioè, di rendere sempre più interessante bere un buon calice di vino a casa, in ristorante, al bar. Ecco, questo secondo me: far più gruppo e tenere alto il consumo consapevole, ma sempre consapevole, ecco, non voglio parlarne in lati negativi, del consumo di alcool. Ma il consumo consapevole, cercare di mantenere quello, secondo me è un grande compito.
Stefano: A chi dice che sta cercando di rispondere col calo del consumo, magari interno, adesso parliamo magari dell’Italia o di altri paesi che abbiamo in mente in Europa: con altri mercati, tu cosa dici? Nel tuo caso, dov’è il tuo mercato?
Armin: Beh, il mio mercato principale è qui in provincia stessa, ma non da parte della popolazione autoctona, ma sono soprattutto i turisti italiani e germanici soprattutto, che passano le vacanze da noi ed ecco, loro sono i maggiori clienti dei miei vini. Poi...